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SALE
Ogni composto chimico formato dalla reazione di
un acido con una base, e in particolare il cloruro di sodio o sale
da cucina, diffusissimo in natura (tanto che nella seconda metà
del XX secolo quasi tutti i paesi ne producevano almeno per il proprio
fabbisogno e rarissimi erano gli importatori, come il Giappone o i paesi
scandinavi) e necessario a quasi tutte le civiltà antiche e moderne
come fondamentale consumo alimentare, sia a fini di conservazione che
di condimento.
SALINE E MINIERE. Esistevano saline alla foce del Tevere che rifornivano
Roma e, per la via salaria, l'Italia centrale. Nel mondo classico
il sale era una derrata popolare (sal niger) o ricca (sal conditus,
speziato), e soprattutto un alimento consumato con il pane. Ricavato dal
mare, diventava un genere di lusso lontano dalle coste, dove i meno abbienti
dovevano supplirvi con ceneri vegetali o nitro; oppure era scavato dalle
miniere (salgemma). In entrambi i casi occorsero tecniche complesse
per trasformarlo in prodotto raffinato, cioè puro e uniforme, e
organizzazioni complesse per garantirne la distribuzione. Tra il 1000
e il 1100 Venezia organizzò nell'Adriatico campi di 20-25 ettari:
la raccolta era stagionale ma l'attività durava tutto l'anno con
rilevante impiego di manodopera e alti ricavi. Grandi vasche ben pulite
venivano colmate dalla debole marea adriatica e, raggiunto il livello
ideale, chiuse in attesa dell'evaporazione; la comunità dei salinari
coltivava in estate la salina, d'inverno riparava e ripuliva le vasche;
continuamente avvenivano controlli e spedizioni. Sulle navi veneziane
il sale era caricato come zavorra, computata sul volume complessivo delle
merci, in prossimità degli scali e dei depositi. Veniva quindi
smerciato lungo il Po e lungo le coste africane, poi ricaricato nuovamente
in ogni punto del circuito mediterraneo e approdava così ai magazzini
della laguna. Dal Quattrocento i costi della navigazione e del commercio
vennero così compensati dalle sovvenzioni della repubblica. Per
i porti anseatici prima e per quelli olandesi poi transitava, raffinato
per la vendita, il sale grigio dell'Atlantico francese. Quando esso venne
a mancare, sotto Filippo II, i rifornimenti africani e americani permisero
alle navi olandesi di ricostruire le scorte. Il prezzo del sale, che fino
al XIX secolo era base delle conserve, dei salumi e delle salacche (pesci
conservati sotto sale), influì sul parco zootecnico e sulle scorte
di carne macellata e condizionò i mercati di pesce, soprattutto
quelli di aringhe e merluzzi, dal mare del Nord al Baltico. In concorrenza
con le saline, le miniere di salgemma obbligarono i loro proprietari e
gli stati beneficiari al diboscamento, alla costruzione di pozzie di condotte
d'acqua, alla manutenzione di strade per il trasporto su carri. Le miniere
del territorio di Cracovia e delle Alpi austriache (Hallstatt e Hallein)
erano già sfruttate nel primo millennio prima di Cristo insieme
a molti giacimenti all'aria aperta, da Cardona (in Catalogna) a Racalmuto
(in Sicilia). Nel XII secolo esisteva fra il Tirolo, la Stiria e la Baviera
un immenso bacino con una complessa gestione che richiedeva legna e bestiame,
utensili metallici e depositi: la manodopera (addetti ai fuochi e ai bacini)
era specializzata, la rete di trasporto (legname e botti) sicura e celere.
Il sale, sempre più raffinato, creava scambi, sorreggeva monete,
imponeva tasse, provocava guerre. Una riprova della sua importanza rimane
in centinaia di nomi di luogo, da Salzburg (Salisburgo) a Salins, da Salsomaggiore
ai molti nomi di città tedesche comincianti con Hall.
POLITICHE FISCALI E COMMERCIALI. Sempre importante, e spesso complessa,
fu la politica fiscale e commerciale inerente il sale. Il monopolio in
Roma nasceva da una politica imperiale e militare basata su appalti, con
prelievi fiscali alla fonte e azioni di guerra commerciale (blocco del
sale), al duplice scopo di calmierare i prezzi all'interno e di regolare
gli introiti dei mediatori. I sistemi di monopolio assunsero nel Medioevo
diversi aspetti. A Lunenburg dal 1273 il sistema proteggeva diritti di
cottura, di produzione e di transito contro gli stranieri ai quali era
vietata ogni forma di traffico. Le singole fasi del lavoro, dal fuoco
alla botte, creavano a loro volta interessi e privilegi di categorie,
confraternite e piccoli beneficiari. Il sale generava ricchezza dalla
quale il principe prelevava in misura variabile i mezzi per controllare
e difendere la comunità. A Venezia la politica fiscale manovrò
abilmente il differenziale tra costo e prezzo, con imposte che nel Cinquecento
non oltrepassavano il 65 per cento del totale, e limitando in buona misura
il contrabbando. Negli stati monarchici, come la Francia, la gabella lievitò
con la crescente debolezza fiscale dell'autorità: dal 1360, quando
toccava solo un quarto del prezzo, essa aumentò fino a perdere
ogni rapporto con il valore del prodotto, trascinata dal costo dell'apparato
doganale e poliziesco istituito per l'esazione. In egual misura si rafforzò
il contrabbando: nel 1760, sulle coste e nell'entroterra atlantico, lo
stato riusciva a controllare una quantità di sale appena superiore
a quella fornita dal mercato nero. L'imposta sul sale venne abolita in
Francia dopo la seconda guerra mondiale, in Italia nel 1973, e con essa
il regime monopolistico che da tempo aveva perso il carattere fiscale
assumendo piuttosto il significato di impegno dello stato a fornire capillarmente
e a basso prezzo un genere di consumo primario, quando ancora era vivo
il ricordo del suo scarseggiare durante la guerra e delle conseguenti,
pesanti speculazioni. Negli ultimi decenni del secolo mutò, nei
paesi industrializzati, anche la destinazione prevalente del sale: l'industria,
e non l'alimentazione, ne assorbì la maggior parte.
A. Capatti
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